1. Contesto storico

Il Mediterraneo fino al XVI secolo era dominato da potenze cristiane, come la Repubblica di Venezia e il Regno di Spagna.Tuttavia, l’equilibrio di potere iniziò a oscillare con l’ascesa di una nuova potenza: l’Impero Ottomano.

Con la guida di alcuni sultani ambiziosi e capaci, l’Impero Ottomano si era espanso rapidamente e questo veniva avverto come un pericolo dalle potenze cristinae d'Europa. In particolare la caduta di Costantinopoli e dell'impero bizantino nel 1453 aveva rappresentato uno sconvolgimento culturale e psicologico per l'intera europa.

Mentre le potenze cristiane erano consapevoli della crescente minaccia, erano anche intrise di rivalità interne e divergenze di interesse. Tuttavia, l’espansionismo ottomano nel Mediterraneo, accompagnato da incursioni pirata e atti di ostilità, cominciò a generare una crescente necessità di una risposta unita.

Questo crescente sentimento di urgenza divenne incontenibile con la caduta di Cipro nel 1571. L’isola, governata dalla Repubblica di Venezia, era un avamposto cristiano vitale nel Mediterraneo orientale. La sua posizione strategica la rendeva un obiettivo appetibile per gli Ottomani, e nonostante una resistenza accanita, Cipro cadde sotto la dominazione ottomana. La tragica fine degli assedi, in particolare l’efferato destino dei difensori di Famagosta, suscitò orrore in tutta Europa e divenne un simbolo tangibile del pericolo ottomano.

Era evidente che la caduta di Cipro non era solo una sconfitta territoriale per Venezia, ma un campanello d’allarme per tutte le potenze cristiane del Mediterraneo. La necessità di una risposta collettiva e coordinata divenne indifferibile. E fu in questo contesto di crescente tensione e urgenza che fu concepita l’idea di una grande coalizione cristiana, la Santa Lega, per contrapporsi all’espansione ottomana e, in particolare, per affrontare la loro flotta nel Mediterraneo.

 

2. La formazione della Santa Lega

In un periodo segnato da profonde divisioni religiose e politiche, l’idea di unire le potenze cristiane d’Europa sotto una bandiera comune appariva piuttosto audace. Tuttavia, la crescente minaccia ottomana e le atroci notizie provenienti da Cipro resero evidente la necessità di un’azione collettiva. La figura centrale dietro questa iniziativa unificante fu Papa Pio V.

Il Papa, in qualità di fervente difensore della fede cattolica, era profondamente preoccupato per l’espansione dell’Impero Ottomano. Non vedeva la lotta contro gli Ottomani solo come una battaglia geopolitica, ma come un conflitto spirituale tra il cristianesimo e l’islam. Era determinato a formare un’alleanza tra le principali potenze cristiane per contrapporsi all’espansionismo ottomano. Dopo intense trattative diplomatiche, Pio V riuscì a formare la Santa Lega nel 1571, un’alleanza militare tra il Papato, la Spagna e la Repubblica di Venezia, supportata anche da altre potenze minori,  come Genova, i Cavalieri di Malta, il Ducato di Savoia e altri.

Con l’alleanza formata, iniziò un’intensa fase di preparazione. Le potenze della Santa Lega iniziarono a raccogliere risorse, costruire e riparare navi, e reclutare uomini. L’arsenale di Venezia, famoso per la sua capacità produttiva, lavorò incessantemente per fornire navi e munizioni. Don Juan d’Austria, fratellastro del re Filippo II di Spagna, fu scelto come comandante supremo dell’armata combinata.

Mentre l’entusiasmo era palpabile e la determinazione forte, la coalizione affrontava sfide logistiche e strategiche. Integrare flotte e truppe provenienti da diverse nazioni non era un compito semplice. Ogni nazione aveva le proprie tattiche navali e propri metodi di combattimento. Ma la minaccia comune e l’urgente necessità di agire garantirono una certa unità di proposito, preparando il terreno per lo scontro imminente.

 

3. La flotta ottomana

Mentre le potenze cristiane europee si affrettavano a formare un fronte unito, l’Impero Ottomano, forte del proprio recente successo a Cipro e di una lunga serie di vittorie nel Mediterraneo, preparava la propria armada. L’espansione e la potenza dell’Impero erano in parte dovute alla sua impressionante potenza navale.

Il fulcro della potenza navale ottomana era rappresentato dalle galere. Queste navi, lunghe e snelle, erano progettate per la velocità e la manovrabilità, caratteristiche ideali per l’abbordaggio. Per la Battaglia di Lepanto, gli Ottomani potevano contare su una flotta di circa 230-250 galere. Queste navi erano spesso equipaggiate con cannoni di grosso calibro e, in molti casi, superavano in potenza di fuoco le controparti europee. L’Impero aveva anche navi di supporto più piccole, utilizzate per missioni speciali, trasporti o come scorte.

Le forze armate potevano contare suo ruolo cruciale dei giannizzeri, l’élite delle forze armate ottomane. Addestrati fin dalla giovane età e convertiti all’Islam, questi soldati erano profondamente leali al Sultano e formidabili in battaglia. Sulle galere, i giannizzeri erano spesso al centro dell’azione, pronti ad abbordare le navi nemiche o a respingere gli attacchi. La loro disciplina, la loro formazione e il loro fervore li rendevano avversari temibili.

Il modus operandi della flotta ottomana si concentrava fortemente sull’abbordaggio. Usando la velocità delle galere, cercavano di avvicinarsi rapidamente alle navi nemiche, permettendo ai giannizzeri e ad altre truppe di combattimento di saltare a bordo. Questa tattica di combattimento ravvicinato era stata perfezionata attraverso decenni di conflitti navali e aveva garantito loro successi in molte battaglie precedenti.

La flotta ottomana era anche ben armata con cannoni, e l’artiglieria era usata per devastare le navi nemiche da lontano prima di avvicinarsi per l’attacco finale. La formazione tipica adottata dalla flotta era quella di una mezzaluna, progettata per avvolgere e intrappolare la flotta nemica, facilitando gli abbordaggi da diverse direzioni.

È importare ricordare un altro punto. Proprio perché utilizzavano la strategia dell’abbordaggio, i soldati non indossavano armature pesanti, per muoversi agilmente durante l’attacco e per non rischiare di affogare in seguito a cada in mare. Questo è un dei vari aspetti del nemico che l’armata della Santa Lega riesce a sfruttare a proprio vantaggio.

 

4. La flotta cristiana

Quando le navi della Santa Lega entrarono nelle acque di Lepanto, rappresentavano non solo la forza combinata di diverse nazioni cristiane, ma anche una sintesi di tattiche, strategie e direzione sviluppate nel corso dei secoli. La composizione della flotta era tanto diversificata quanto le nazioni che l’avevano assemblata, e ogni elemento aveva un ruolo cruciale nello scontro imminente.

Tra le prime mosse che determinarono il tono della battaglia, ci fu l’uso strategico delle galeazze veneziane. Queste imponenti navi, più grandi e pesanti delle tradizionali galere, erano dotate di cannoni che potevano devastare le navi nemiche prima che potessero avvicinarsi per l’abbordaggio. Invece di mantenerle nella formazione principale, furono audacemente posizionate davanti alla linea principale della flotta, fungendo da deterrente e causando danni significativi alle galere ottomane in avvicinamento. Questa mossa sorprendente non solo interruppe l’assalto iniziale degli Ottomani, ma dimostrò anche la determinazione della Santa Lega a dominare il campo di battaglia.

Ma non erano solo le grandi navi e i cannoni a rendere formidabile la flotta cristiana. Sulle navi, tra le truppe regolari e i marinai, c’erano i fucilieri genovesi, famosi in tutta Europa per la loro abilità e precisione. Da posizioni privilegiate sulle coffe delle galere, questi tiratori scelti avevano l’incarico di colpire obiettivi di alto valore: comandanti, giannizzeri pronti per l’abbordaggio e altri obiettivi chiave. L’abilità dei fucilieri di colpire a distanze considerevoli e con precisione fu fondamentale nel creare disordine nelle file nemiche e nel neutralizzare le minacce prima che potessero avvicinarsi per il combattimento ravvicinato.

Al centro di questa vasta forza si trovava Don Juan d’Austria, il comandante scelto per guidare la Santa Lega. Pur essendo giovane, aveva già dimostrato la sua tempra in diverse campagne, e la sua leadership durante la Battaglia di Lepanto sarebbe stata essenziale. Oltre alla sua abilità nel combattimento, Don Juan possedeva una visione strategica chiara, insistendo sull’importanza di affrontare direttamente la flotta ottomana. La sua capacità di coordinare diverse forze navali, ognuna con le proprie tattiche e tradizioni, in una macchina da combattimento coesa fu fondamentale per l’esito finale della battaglia. Don Juan non era solo un comandante distante; era presente in prima linea, guidando le sue truppe con esempio e determinazione.

 

5. Il risultato e le conseguenze della battaglia di Lepanto

La battaglia si concluse con una sconfitta schiacciante per l’Impero Ottomano, segnando una svolta decisiva nel controllo del Mediterraneo.

La flotta ottomana subì perdite enormi. Si stima che degli oltre 250 vascelli che componevano la flotta, quasi 200 furono catturati o distrutti. Anche le perdite umane furono gravi: decine di migliaia di marinai e soldati ottomani perirono nella battaglia, furono feriti o catturati. Al contrario, la Santa Lega subì perdite significativamente minori, sia in termini di navi che di uomini.

La notizia della vittoria fu accolta con euforia in tutta Europa. Le campane suonarono nelle chiese di molte città europee, e celebrazioni solenni furono organizzate in onore dell’evento. Il Papa Pio V, che aveva fortemente sostenuto la formazione della Santa Lega, dichiarò il 7 ottobre come il giorno di festa di “Nostra Signora del Rosario” in ringraziamento per l’intercessione divina nella vittoria. La battaglia venne percepita non solo come una vittoria militare, ma anche come una difesa del cristianesimo contro l’espansionismo islamico dell’Impero Ottomano.

Tuttavia, l’Impero Ottomano, pur avendo subito una sconfitta devastante a Lepanto, non era affatto sconfitto come potenza mediterranea. Il Sultano Selim II e il suo governo reagirono rapidamente alla sconfitta iniziando un intenso programma di ricostruzione navale. Entro sei mesi, una nuova flotta, forse persino più grande di quella perduta a Lepanto, fu pronta per prendere il mare. Sebbene la Battaglia di Lepanto avesse inflitto un duro colpo all’orgoglio e alla potenza marittima ottomana, non segnò la fine delle ambizioni dell’Impero nel Mediterraneo. In effetti, nei decenni successivi, l’Impero Ottomano riuscì a consolidare ulteriormente il suo controllo su vaste aree della regione, dimostrando la sua resilienza e capacità di ripresa.

 

 


ARTICOLI CORRELATI: