Il giorno della civetta è un romanzo di Leonardo Sciascia, scritto nel 1961, che offre uno sguardo tagliente e inesorabile sulla mafia e sul sistema di potere e corruzione che la circonda, in particolare nella Sicilia degli anni '60.
Nella piazza Garibaldi, Salvatore Colasberna, proprietario di una piccola impresa edilizia, viene brutalmente assassinato mentre sta per prendere un autobus per Palermo. L'omicidio avviene in piena luce del giorno, ma misteriosamente, quando i carabinieri arrivano sulla scena, tutti i potenziali testimoni sono svaniti. Solo l'autista e il bigliettaio rimangono, ma entrambi negano di riconoscere la vittima o di aver visto qualcosa di sospetto. Un venditore ambulante, presente durante l'assassinio, viene poi rintracciato ma anche lui, apparentemente, non ha sentito o visto nulla di anomalo, tranne due spari provenienti da un sacco di carbone nelle vicinanze.
A guidare le indagini viene chiamato il capitano Bellodi, un emiliano idealista, ex partigiano, che non si adatta al clima di omertà e rassegnazione che sembra permeare la società siciliana. Da un bar di Roma, la notizia del suo approccio direttamente coinvolto nell'indagine preoccupa le alte sfere politiche, e c'è chi vorrebbe trasferirlo altrove per evitare problemi.
Il capitano Bellodi comincia ad interrogare Calogero Dibella, noto come Parrinieddu, un informatore che gioca doppio gioco con la mafia. Attraverso Parrinieddu, Bellodi arriva a Rosario Pizzuco, sospettato di essere il mandante dell'omicidio. Le indagini si intensificano e Bellodi scopre la presunta identità dell'assassino, Diego Marchica, grazie alla testimonianza della moglie di un uomo scomparso che potrebbe aver riconosciuto l'assassino.
Tuttavia, nonostante l'ammontare delle prove e delle testimonianze, le indagini subiscono un duro colpo quando Parrinieddu viene trovato morto. Nonostante questo, Bellodi continua a scavare, determinato a portare alla luce la verità. Ciò che emerge è un intricato intreccio di potere e corruzione che coinvolge la mafia, politici e rispettate figure pubbliche.
Uno degli aspetti salienti del romanzo è l'incontro tra Bellodi e don Mariano Arena, una figura mafiosa di alto rango. Durante il loro dialogo, don Mariano delinea la sua visione cinica dell'umanità, suddividendola in diverse categorie, da veri uomini a "quaquaraquà", che per lui rappresentano persone insignificanti e prive di valore. Questa conversazione offre una profonda introspezione nella mentalità mafiosa e nei valori distorti che la guidano.
Nonostante gli sforzi di Bellodi, la giustizia non prevale. Marchica viene scagionato grazie a un alibi fornito da figure influenti, l'omicidio viene spazzato via come un semplice delitto passionale, e don Mariano viene liberato. Tutto questo dimostra la profondità della corruzione e dell'influenza della mafia, non solo nella società siciliana ma anche a livelli politici più alti.
Il romanzo si conclude con Bellodi che riflette sulla sua esperienza in Sicilia. Anche se amareggiato e deluso, non riesce a rompere il legame emotivo con l'isola. Tornato nella sua città natale di Parma, riflette sulla differenza tra le culture del nord e del sud dell'Italia, ma sa che il suo destino è legato alla Sicilia e che un giorno ci tornerà, nonostante le difficoltà e i pericoli che questo potrebbe comportare.
"Il giorno della civetta" è una potente critica al sistema mafioso e alla corruzione che lo sostiene. Attraverso la lente dell'inchiesta di Bellodi, Sciascia esplora le profondità della cultura dell'omertà in Sicilia, e come questa mentalità permei ogni livello della società, dal cittadino comune ai più alti ranghi della politica.