La celebre commedia La Bottega del Caffè di Carlo Goldoni è ambientata a Venezia durante il Carnevale, in un unico giorno, dalle prime ore del mattino fino alla notte. Il centro dell'azione è una piazza dove troviamo, tra gli altri negozi, la bottega del caffettiere Ridolfo, la casa da gioco di Pandolfo e l'appartamento di Lisaura, una bellissima ex-ballerina. Questi luoghi e i personaggi che li frequentano saranno il fulcro di vicende umane e sociali, rivelatrici dei vizi e delle virtù del tessuto sociale veneziano.
Ridolfo, proprietario della bottega del caffè e personaggio di spiccata bontà, si preoccupa per Eugenio, un giovane mercante di stoffe. Eugenio si è infatti infilato in un vortice di debiti a causa delle sue frequenti visite alla casa da gioco di Pandolfo. Qui, giocando a carte con il conte Leandro, ha accumulato enormi perdite. Vittoria, la devota moglie di Eugenio, è angosciata e tenta in tutti i modi di distogliere il marito dal gioco d'azzardo.
Mentre questi eventi si sviluppano, entra in scena Placida, una donna proveniente da Torino. Presentandosi come una pellegrina, è in realtà alla ricerca del suo marito, Flaminio, di cui ha perso ogni traccia. La sua comparsa a Venezia complica ulteriormente le cose, grazie alle malelingue e alle intromissioni di don Marzio, un nobile napoletano caduto in disgrazia. Personaggio ambiguo, pettegolo e meschino, don Marzio si nutre delle confidenze altrui, per poi usarle a suo vantaggio, creando discordia e diffondendo calunnie. L'unico che sembra apprezzare don Marzio è Pandolfo, che beneficia delle sue macchinazioni.
Alimentando le voci, don Marzio insinua in Eugenio la falsa idea che Lisaura sia una prostituta e che il conte Leandro sia il suo cliente più assiduo. Con questa informazione, Eugenio inizia a corteggiare Lisaura con assoluta mancanza di rispetto. Don Marzio non si ferma qui: mette anche in dubbio l'onore di Placida, suggerendo che la sua storia da "moglie abbandonata" sia solo un trucco per attirare uomini durante il Carnevale.
Ma la sua azione più audace è far credere a Vittoria che Eugenio stia cercando di vendere dei preziosi orecchini per estinguere i suoi debiti di gioco. Questa rivelazione porta Vittoria a minacciare di lasciare Eugenio e di riprendere la sua dote. Incitato da don Marzio, Eugenio decide di festeggiare questa "libertà" organizzando un pranzo con Lisaura e Leandro come ospiti.
La tensione raggiunge il culmine durante questa festa. Placida fa irruzione e riconosce in Leandro il suo marito Flaminio. Si scopre che Leandro/Flaminio ha assunto una falsa identità nobiliare per vivere avventure galanti. Lisaura, però, svela di non essere una prostituta e che aveva accolto le attenzioni di Leandro credendo nelle sue promesse matrimoniali.
Mentre la situazione degenera, con Flaminio che tenta di uccidere Placida e Lisaura che espelle il suo amante, don Marzio continua a trarre vantaggio dalla confusione. Il nobile napoletano, pur cercando di convincere Eugenio e Flaminio che essere senza donne è un beneficio, finisce per far arrestare Pandolfo rivelando i suoi inganni ai birri.
A ristabilire l'ordine è Ridolfo, con l'aiuto del suo garzone Trappola. I due riescono a far ragionare Eugenio e Flaminio. Pentiti, entrambi tornano dalle rispettive mogli, chiedendo perdono e trovando la redenzione. Ma don Marzio paga per i suoi intrighi e maldicenze. Accusato di essere uno spione e un diffamatore, è costretto a lasciare Venezia, isolato e disprezzato da tutti.