Libertà è una novella dello scrittore Giovanni Verga che fa parte della raccolta Novelle rusticane, pubblicata nel 1883.

 

Riassunto

Dal campanile della chiesa di Bronte, un paesino siciliano, sventolava un fazzoletto rosso, segno di rivolta. Le campane risuonavano incessantemente mentre la popolazione, tra cui numerosi contadini con le loro tipiche berrette bianche, gridava “Viva la libertà!” nella piazza principale. L'aria era densa di tensione e speranza, ma quel giorno sarebbe diventato un macabro capitolo nella storia del paese.

Guidati dalla rabbia e dalla disperazione, contadini e civili si erano sollevati contro i galantuomini, rappresentanti della classe dominante, nella speranza di spodestare le autorità e rivendicare le terre che da sempre avevano lavorato senza mai possederle. Ma quel tentativo di rivoluzione si trasformò rapidamente in un bagno di sangue.

Tra le molteplici vittime del furore popolare, cadde Don Antonio, un reverendo che, durante il tumulto, tentava di fuggire, chiedendosi nel suo ultimo respiro perché avessero voluto la sua morte. Don Paolo fu assassinato proprio davanti alla sua dimora, sotto gli occhi della moglie e dei figli in attesa del pasto serale. Il giovane Neddu, figlio undicenne del notaio del paese, non fu risparmiato nemmeno lui. Dopo aver visto la morte di suo padre, fu raggiunto e ucciso dai rivoltosi, tra cui un boscaiolo che lo giustificò dicendo: “Tanto sarebbe stato un notaio, succhiasangue anche lui!”

La furia dei rivoltosi non conosceva limiti. Persino la baronessa, che aveva tentato di barricarsi nel suo palazzo con i suoi servitori, cadde vittima della folla insanguinata. La baronessa e i suoi tre figli furono trucidati, e la sua residenza divenne simbolo dell'oltraggio subito dai contadini per generazioni.

Il mattino seguente, il paesaggio di Bronte era irriconoscibile. Una domenica atipica, senza il suono delle campane a chiamare alla messa, poiché i preti erano spariti e il sagrestano era ancora nascosto. Il silenzio era interrotto solo dai sussurri dei sopravvissuti che discutevano su come distribuire le terre dei ricchi. Ma c'era un'aria di sospetto tra di loro: chi avrebbe deciso? Chi avrebbe misurato i lotti? Chi avrebbe garantito la legittima proprietà?

Questi dilemmi furono interrotti dall'arrivo del generale Nino Bixio e del suo esercito di camicie rosse. Bixio, noto per la sua fermezza, decise di ripristinare l'ordine. I suoi soldati presero posizione, e, senza indugi, iniziarono le esecuzioni di quanti erano ritenuti colpevoli. Ciò che seguì fu un lungo e tedioso processo, in cui i rivoltosi furono interrogati, giudicati e condotti in prigione.

Le donne, i bambini e gli anziani del paese, cercavano di portare avanti la loro vita nonostante il lutto e la paura. Molti tornarono ai campi, lavorando per i galantuomini che, nonostante tutto, rimanevano i legittimi proprietari delle terre.

Il processo durò tre anni. I membri della giuria, composti principalmente da galantuomini, mostravano segni di stanchezza e noia, ma erano anche sollevati di non aver vissuto direttamente gli orrori della rivolta. Alla fine, la sentenza fu pronunciata: molti dei rivoltosi furono condannati, e ciò che era iniziato come una speranza di libertà e giustizia si trasformò in una amara delusione.

Nel corso degli anni, Bronte cercò di cicatrizzare le ferite di quella rivolta, ma il ricordo di quel fatale giorno in cui il desiderio di libertà si scontrò con la cruda realtà rimarrà per sempre impresso nella memoria collettiva del paese.

 

 


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