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Un racconto di Carlo Collodi, riscritto in italiano semplificato e moderno, adatto a studenti di italiano di livello intermedio.

 

Si chiama Tommaso, ma lo chiamano Masino. Ha tutti i difetti di un ragazzetto della sua età, fra gli undici e i dodici anni. È disubbidiente, goloso, pigro, dormiglione, nemico dell’acqua per lavarsi, con i vestiti sempre imbrattati, spacciatore di bugie all’ingrosso e al dettaglio, linguacciuto, pettegolo, impertinente e avversario implacabile dei libri e della scuola. La mamma lo sgrida, il babbo lo rimprovera, il maestro lo punisce, i compagni lo deridono per la sua scempiaggine, ma la cosa non gli fa né caldo né freddo[1].

«Quando non ce la faranno più a urlare, si calmeranno.» E con queste parole seguite da una scrollata di spalle[2], si mette l’animo in pace.

Un giorno comincia a pensare di essere perseguitato ingiustamente:

«Tutti mi sgridano... tutti ce l’hanno con me. E la ragione? In fin dei conti io faccio quello che fanno tutti i ragazzi. La colpa non è mia. La colpa è della mamma, che non sta mai calma. La colpa è del babbo, che urla sempre. La colpa è del maestro, che sente il bisogno di umiliarmi tutti i giorni davanti ai miei compagni di scuola. Che bella cosa se i babbi e le mamme non avessero il vizio di brontolare.

E i maestri vogliono farci andare a scuola. Va bene, ma non possono pretendere che ci mettiamo anche a studiare. Come fa un ragazzo a fare le due cose insieme?»

Con questi ragionamenti, batti oggi, batti domani[3], alla fine Masino ha una bellissima idea:

«Potrei fare il difensore dei ragazzi come me. Potrei scrivere un libro per insegnare l’educazione ai babbi e alle mamme, soprattutto ai maestri che sono i peggiori di tutti. Io non ho mai imparato a scrivere, ma ho sempre sentito dire che si scrive come si parla. Io parlo bene, quindi questo significa che so anche scrivere. Non capisco perché il babbo e la mamma insistono a mandarmi a scuola.

Cosa posso scrivere? Magari una commedia. Io per le commedie sono portato. La mamma, quando racconto una frottola[4], mi dice sempre che somiglio al Bugiardo di Goldoni[5]. Dunque, se somiglio al Goldoni, vuol dire che le commedie le so fare anch’io. Però, se faccio una commedia, poi chi la recita? E se per disgrazia me la fischiano[6]. I babbi e le mamme, con la scusa di portare i ragazzi al teatro, vanno sempre a vedere le commedie, e loro me la fischierebbero di sicuro.

E se invece scrivo un bel racconto da pubblicare sul giornale? Così non corro il rischio di essere fischiato. E se faccio qualche errore, nessuno se ne accorge, perché il babbo mi dice sempre che i giornali sono pieni di errori e di notizie false. Si, si, voglio scrivere subito un racconto.»

Detto fatto, il nostro Masino, si chiude in camera, prende la penna e un foglio di carta e comincia il suo racconto con questo titolo:

 

UN RAGAZZINO MODELLO

una buona lezione per i genitori e per i maestri di scuola.

 

Poi continua così:

Masino è il ragazzo più buono di questo mondo. Il suo babbo e la sua mamma lo sgridano sempre, e lui li lascia sgridare. Il suo maestro, solo per il piacere di punirlo, gli toglie la colazione, e lui per prudenza fa colazione prima di andare a scuola.

Ma arriva un giorno in cui i suoi genitori e il suo maestro si accorgono di avere torto a rimproverarlo. E da quel giorno le cose vanno molto meglio.

Quando Masino qualche volta si dimentica di lavarsi le mani e il viso, la sua mamma, invece di sgridarlo, gli dice:

«Bravo Masino! Vedo che non ti sei lavato né il viso né le mani, e hai fatto bene. Bisogna fare molta attenzione all’acqua. Si può facilmente prendere un raffreddore o un mal di gola!... Ti sei appena alzato dal letto, vero?»

«Sì, mamma.»

«Sai che ore sono? sono le nove: non dovevi essere a scuola alle otto?...»

«Si, è vero? Ma avevo sonno, e dormivo così bene!...»

«Capisco, poverino! Il proverbio dice che chi dorme non prende pesci[7], ma tu non devi fare il pescatore: dunque, se ti fa piacere, puoi dormire fino a mezzogiorno. E la lezione l’hai studiata?...»

«Volevo studiare, ma poi me ne sono scordato...»

«Tale e quale a me! Anch’io volevo andare da mia sorella, e poi me ne sono scordata. Si vede proprio che sei il figlio della tua mamma. E per colazione che cosa vuoi?»

«Il solito caffellatte...»

«Ma ricordati, Masino, di metterci dentro molto molto zucchero. Lo zucchero si compra apposta per finirlo subito, altrimenti va a male[8]

«E prendo anche due fettine di pane.»

«Ma no, angelo mio, ti preparo due belle frittelle, e ci metto sopra la panna, perché la panna fa bene alla gola e aiuta la digestione. E a scuola ci vuoi andare oggi?»

«Senti, mamma, non ne ho tanta voglia...»

«Proprio quello che volevo dirti io. Per andare a scuola c’è sempre tempo. Sai invece cosa puoi fare? Vai a giocare a pallone fino a mezzogiorno, poi ritorni a casa a mangiare un piatto di maccheroni con sopra tanto formaggio parmigiano, una grossa fetta di carne e una bella torta ripiena di crema pasticcera. Poi magari dopo pranzo, studi un po’ la lezione...»

«Ecco, mamma, se invece di studiare la lezione, andassi a giocare a trottola?»

«Benissimo! Si vede proprio che sei un ragazzino pieno di giudizio. La trottola, alla tua età, è molto più utile della Geografia e della Storia. Che bisogno c’è di studiare la Storia quando tutto il mondo è pieno di storie? Allora ciao caro, io scappo a fare una visita a mia sorella, e tu cerca di divertirti più che puoi, e non studiare tanto!... (tornando indietro) Mi raccomando: non studiare tanto! (tornando indietro una seconda volta) Non studiare tanto, perché a studiare c’è sempre tempo!...»

 

Fra padre e figlio

Masino, pochi giorni dopo, va in camera a cercare suo padre (il quale per fortuna si è tolto il vizio di brontolare) e gli dice:

«Sai, babbo, cosa mi ha fatto il maestro?»

«Cosa ti ha fatto?»

«Ho dato una risposta sbagliata in Aritmetica e lui mi ha messo un brutto voto»

«Cosa? Ma questa è una cosa orribile!... Andrò a denunciarlo ai carabinieri!...»

«Senti, babbo; io non voglio più andare a scuola.»

«Fai bene. Io farei proprio come te. A che serve la scuola? La scuola non è altro che una tortura inventata apposta per tormentare dei poveri ragazzi.»

«Capisci? Mettermi un brutto voto perché l’Aritmetica non vuole entrarmi nella testa! Adesso un libero cittadino non è padrone di non sapere l’Aritmetica? Perché anch’io sono un libero cittadino, non è vero babbo?»

«Certo che sei un libero cittadino.»

«Il mio maestro è un uomo buono ma è un po’ permaloso. Figurati! Pretende che i suoi studenti debbano studiare!...»

«Che pretese ridicole! Se viene a dirlo a me, ti faccio vedere come lo sistemo.»

«Dovresti andare a trovarlo!»

«Ci andrò di sicuro: e gli dirò che i maestri possono pretendere che i loro studenti sappiano la lezione... ma obbligarli a studiare, no, no, mille volte no.»

«La volontà è libera, vero babbo?»

«Certo, e quando un ragazzo dice: “Io non voglio studiare” nessuno può costringerlo.»

«Figurati, il maestro dice che durante la lezione dobbiamo stare tutti zitti! Come fa uno a stare zitto quando ha voglia di parlare?»

«Hai ragione! Per quale motivo è stata data la parola all’uomo se poi a scuola deve stare zitto? Lascia fare a me: domani vado a trovarlo, e gli dirò quello che penso.»

 

A scuola

Il giorno dopo il padre di Masino va a trovare il maestro, e gli fa una bella lavata di capo[9]. Quando Masino torna a scuola, il maestro gli va incontro tutto mortificato, e tenendo il berretto in mano, gli dice:

«Scusa, sai, Masino, se l’altro giorno ti ho dato un brutto voto. È stato uno sbaglio, perdonami. Tutti possono sbagliare a questo mondo. Cosa avevi fatto di male, povero figliolo, per meritare quel brutto voto? Non avevi imparato la lezione... e cosa c’è di male in questo? Che forse gli studenti hanno l’obbligo di sapere la lezione? Certo che no. Perdonami e non ne parliamo più.

Intanto fammi vedere i tuoi quaderni! Benissimo! Sono tutti pieni di scarabocchi! Gli scarabocchi sui quaderni provano che lo scolaro è un ragazzino diligente che studia bene. Ti darò sette punti per gli scarabocchi. I ragazzi volenterosi come te vanno sempre incoraggiati.

Adesso fammi vedere i tuoi libri. Benissimo! Questi libri, tutti strappati e unti, sono una prova che sai come conservarli con cura. La prima cosa che deve fare uno scolaro veramente studioso, è quella di rovinare i libri di scuola. Ti darò cinque punti per i libri sciupati. Se domani poi, quando vieni a scuola, perderai qualche libro per strada, ti aggiungerò altri cinque punti, per dare un esempio ai tuoi compagni. E questa macchia che hai sulla camicia, come te la sei fatta?»

«Me la sono fatta questa mattina, mentre leccavo lo zucchero in fondo alla tazza.»

«È una macchia che ti sta molto bene. Io non ho mai sopportato gli scolari con la camicia pulita. Gli scolari mi piacciono come te, unti e imbrattati. Ti darò sei punti per questa bellissima macchia di caffellatte. Ne meriterebbe di più, ma per oggi può bastare. E dimmi Masino, hai studiato la lezione di Grammatica?»

«Sissignore»

«Allora dimmi... quante lettere ci vogliono per formare una sillaba?»

«Veramente... così... su due piedi[10], non saprei rispondere»

«Benissimo. Me lo dirai un’altra volta. E l’Aritmetica l’hai studiata?»

«Sissignore.»

« Cosa significa il segno + quando è messo fra due numeri?»

«Ecco... forse... è una croce...»

«Probabilmente oggi non sei in vena[11] di rispondere. Mi risponderai un’altra volta. E la Geografia l’hai studiata?»

«Sissignore.»

«Sentiamo. In quante parti si divide comunemente l’Italia?»

«In quattro parti: Italia di sopra, Italia di sotto, Italia di mezzo, e Italia...»

«Italia come?...»

«Italia di lato!»

«Non è proprio così, ma mi risponderai meglio un’altra volta. Eccoti intanto dieci punti per la franchezza, con la quale hai risposto a tutte le mie domande.»

Agli esami di fine anno, il bravo Masino si fa molto onore, e il suo babbo e la sua mamma gli regalano venti pasticcini e un panforte di Siena[12].

 

La morale della Favola

Masino offre a molti giornali il suo racconto, ma nessuno vuole pubblicarlo. Quelli più buoni si limitano a ridergli in faccia[13].

Allora il nostro amico si consola dicendo:

«Nessuno ha voluto pubblicare il mio racconto. Peccato. Sarebbe stata una bella lezione per i genitori brontoloni e i maestri tiranni. Ci vuole pazienza. I ragazzi, con la scusa di farli studiare, saranno sempre perseguitati...»

 

 

 

[1] non gli fa né caldo né freddo: è assolutamente indifferente.

[2] scrollata di spalle: movimento delle spalle che esprime indifferenza o disprezzo.

[3] batti oggi, batti domani: insistere ogni giorno.

[4] frottola: bugia, affermazione priva di senso.

[5] il Bugiardo di Goldoni: commedia teatrale di Carlo Goldoni.

[6] fischiare la commedia: in Italia, quando il pubblico fischia, significa che non apprezza lo spettacolo

[7] chi dorme non prende pesci: è un famoso proverbio italiano.

[8] va a male: marcisce, si rovina.

[9] lavata di capo: rimprovero severo.

[10] su due piedi: senza preavviso, senza avere il tempo di prepararsi.

[11] essere in vena: sentirsi particolarmente desiderosi di fare qualcosa. L’espressione deriva dall’antico linguaggio medico: essere in buona vena quando il polso del paziente è regolare.

[12] panforte di Siena: è un tipico dolce della città di Siena.

[13] ridere in faccia a qualcuno: deridere apertamente, senza proccuparsi di offenderlo.