È la prima novella della sesta giornata, raccontata da Filomena. Si tratta di un racconto molto breve che ha per tema il motto di spirito, ovvero la capacità di trovare le parole giuste per dire in modo delicato qualcosa che risulterebbe sconveniente, se detto in maniera troppo esplicita, e quindi consente alle persone di risolvere una situazione imbarazzante, o difficile e a volte persino pericolosa.

Filomena comincia a raccontare dicendo che i motti sono gli ornamenti dei bei ragionamenti, così come le stelle lo sono per i cieli notturni sereni, o i fiori per i prati verdi, o gli alberelli per i colli. E data la loro brevità, sono più adatti alle donne che agli uomini, poiché parlare molto si addice più agli uomini che alle donne.

Aggiunge anche che, non si sa bene per quale motivo, non sono molte le donne capaci di dirne qualcuno o di comprenderlo se detto da un altro, e questa è una vergogna per tutte le donne. E quindi, per far comprendere la bellezza dei motti, detti al momento opportuno, avrebbe raccontato di come una donna è  riuscita a far tacere un cavaliere con poche parole garbate.

 

Riassunto della novella

A Firenze vive una gentildonna che si chiama madonna Oretta, moglie di Geri Spina. Un giorno si trova a passeggiare in campagna, insieme ad alcune dame e cavalieri che aveva avuto come ospiti a pranzo. Uno dei cavalieri le propone di montare a cavallo per risparmiarle un tragitto ancora lungo e le promette di raccontarle una bella storiella. Madonna Oretta accetta volentieri, ma quando il cavaliere inizia a raccontare la sua storia, ben presto si rivela essere un pessimo narratore, incespicando continuamente nella narrazione, con inutili ripetizioni, errori grossolani e spesso tornando indietro.

Madonna Oretta, nel sentire quel racconto farfugliato in così malo modo, viene presa da un sfinimento e da certi sudori freddi, da credere di essere sul punto di svenire. Non riuscendo più a resistere a quella tortura e non sapendo esattamente come uscirne a un certo punto esclama allegramente che il cavallo ha un trotto particolarmente duro e prega il cavaliere di farla scendere. Il cavaliere, che per fortuna è migliore come intenditore che come narratore, afferra al volo il motto di spirito e scherzando, inizia a raccontare altre novelle, senza finire quella che aveva iniziato.

 

Commento

Questa novella introduce alla sesta giornata, che è dedicata ai motti di spirito e alla risposte argute. Sono tutte novelle piuttosto brevi e caratterizzate da una battuta finale di uno dei personaggi, che possono essere di qualunque rango sociale, sia famosi che umili.

In questa novella si crea un situazione di disagio e di sofferenza: il cavaliere ha iniziato a raccontare, ma ben presto si rende conto di non essere in grado di andare avanti, ma è costretto a terminare per non venir meno all’impegno preso ed evitare di dimostrarsi un incapace; madonna Oretta invece, a causa di quel racconto inconcludente e asfissiante, viene colta da una sensazione di svenimento, ma è costretta a continuare ad ascoltare per non offendere il cavaliere.

Dato che la donna è intelligente, colta e abile nel parlare, riesce a trarre d’impaccio entrambi con una battuta leggiadra che non offende il cavaliere. Costui infatti, anche se pessimo narratore, viene presentato comunque come persona intelligente che riesce a cogliere a volo la battuta e interrompe la novella per sceglierne altre. Infatti il Boccaccio dice:

«Il cavaliere, il quale per avventura era molto migliore intenditor che novellatore, inteso il motto e quello in festa e in gabbo preso, mise mano in altre novelle e quella che cominciata aveva e mal seguita senza finita lasciò stare»

Il testo può essere parafrasato in questo modo:

«Il cavaliere, che per fortuna era più abile a intendere che a raccontare, compresa la battuta e considerandola allegra e scherzosa, cominciò a raccontare altre novelle, e lasciò perdere quella che aveva cominciata e narrata male senza finirla».

 

 


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