È la nona novella della sesta giornata del Decameron. La storia è narrata da Elissa e riguarda il tema del motto, cioè una frase, una battuta o un breve racconto che serve a dire in modo accettabile qualcosa che potrebbe essere sconveniente o offensivo se espresso in maniera troppo esplicita.
Riassunto
A Firenze, nei tempi passati, vi erano alcune usanze ormai scomparse. Fra queste ce n’era una, per la quale i gentiluomini formavano diverse brigate, e a turno ognuno offriva un banchetto in una giornata stabilita. Tra queste brigate c’era anche quella di messere Betto Brunelleschi, il quale più volte aveva tentato di far entrare nel gruppo Guido, il figlio di messere Cavalcante dei Cavalcanti. Costui era considerato una dei migliori filosofi, oltre che uomo ricco e abile e garbato parlatore.
Tuttavia messer Betto non era mai riuscito a convincere Guido a far parte della loro combriccola, e secondo lui ciò era dovuto al fatto che il gentiluomo fosse troppo impegnato nelle sue speculazioni sulla filosofia di Epicuro e sul voler dimostrare che Dio non esiste.
Un giorno, mentre messer Betto andava a cavallo con la sua brigata, vedendo Guido nelle vicinanze di alcune tombe di marmo, propose ai suoi amici di andare a punzecchiarlo. I cavalieri lo circondarono con i loro cavalli e uno di loro gli chiese scherzosamente: « Guido, tu rifiuti di far parte della nostra brigata; ma quando avrai dimostrato che Dio non esiste, che cosa avrai fatto?». Guido rispose prontamente: «Signori, voi a casa vostra mi potete dire ciò che vi piace». Detto questo, scavalcò agilmente una tomba e se ne andò.
I cavalieri rimasero stupefatti da questa risposta incomprensibile e cominciarono a dire che Guido era uno stolto. Ma messer Betto fece notare che gli stupidi erano loro, perché non avevano capito il significato di quella risposta. Dicendo che i cavalieri erano a casa loro in prossimità delle tombe, significava che erano talmente ignoranti da non essere capaci di ragionare, come dei morti.
Quando i cavalieri compresero le parole di Guido, provarono vergogna per la loro stupidità e da allora non infastidirono mai più Guido, e tennero in grande considerazione messer Betto, reputandolo un cavaliere arguto e intelligente.