Una badessa si alzò frettolosamente al buio, per sorprendere una delle monache, accusata di giacere nel letto con il suo amante. Essendo lei stessa a letto con un prete, credendo di mettersi sul capo il salterio[1], si mise invece le mutande[2] del prete. La suora accusata se ne accorse e glielo fece notare. Fu quindi assolta e poté ritornare tranquillamente dal suo amante.
Filomena aveva già finito di raccontare la sua novella, e l’abilità della donna[3] nel liberarsi dei pretendenti indesiderati era stata apprezzata da tutti, mentre l’arrogante insistenza dei due spasimanti era stata considerata ossessione e non amore. A quel punto la regina disse in modo compiaciuto: «Elissa, prosegui.», e lei prontamente cominciò:
«Carissime donne, come è stato detto, madonna Francesca seppe liberarsi con saggezza di coloro che la infastidivano; ma una giovane suora, aiutata dalla fortuna, parlando in modo elegante, si liberò da un pericolo imminente. E come voi sapete, ci sono persone che, essendo assai stupide, si ergono a maestri e giudici degli altri. Dalla mia novella potrete apprendere che a volte la sorte li castiga meritatamente. Questo è ciò che accadde alla badessa, ai cui ordini era la suora di cui devo parlarvi.
Dovete sapere che in Lombardia c’era un monastero molto famoso per la sua santità e la sua religione. Fra le altre monache ce n’era una giovane di sangue nobile e dotata di grande bellezza, che si chiamava Isabetta. Un giorno venne un suo parente alla grata[4], accompagnato da un bel giovane del quale la monaca si innamorò. E il giovane, vedendola così bella, e avendo notato il suo desiderio, a sua volta si innamorò ardentemente di lei, e sopportarono a lungo con sofferenza questo amore non appagato. Alla fine, essendo entrambi desiderosi di soddisfare il loro desiderio, al giovane venne in mente un modo per potersi recare in gran segreto dalla sua monaca, una soluzione che la monaca accolse volentieri, per cui si recò da lei non solo una volta, ma molte volte, con gran piacere di ciascuno.
Continuando in questo modo, avvenne che una notte fu visto nel monastero da una monaca, mentre stava lasciando Isabetta per andarsene, senza che i due giovani se ne accorgessero. E la cosa fu riferita a diverse altre monache. Il loro primo impulso fu di avvisare la badessa, che si chiamava madonna Usimbalda, che secondo l’opinione di tutte le monache e di chiunque altro la conoscesse, era una donna buona e santa. Ma poi pensarono che, per evitare che Isabetta negasse, sarebbe stato meglio che la badessa la cogliesse sul fatto. Quindi non riferirono niente, e si alternarono di nascosto in veglie e guardie per poter prendere di sorpresa la giovane.
Isabetta, non avendo alcun sospetto e non sapendo niente di tutto ciò, una notte fece venire il suo amante, e le monache di guardia se ne accorsero immediatamente. Quando sembrò il momento opportuno, essendo già notte inoltrata, si divisero in due gruppi. Uno restò a guardia della cella d’Isabetta, l’altro andò di corsa alla camera della badessa, e dopo aver picchiato alla porta dissero: – Su madonna, alzatevi subito, perché abbiamo scoperto che c’è un giovane nella cella d’Isabetta.
Quella stessa notte la badessa era in compagnia di un prete, che spesso si faceva trasportare nella sua stanza all’interno di una cassa. La badessa, sentendo tutto quel rumore e temendo che le monache, per eccessiva fretta o per troppo zelo, spingessero la porta fino a farla aprire, si alzò in fretta e furia, si vestì al buio quanto meglio potette, e credendo di prendere di quei veli piegati, che le monache indossano sul capo e che chiamano salterio, si ritrovò invece in mano le mutande del prete. E tanta fu la fretta che, senza accorgersene, se le mise in testa al posto del salterio, uscì fuori e richiuse immediatamente la porta, dicendo: – Dov’è questa maledetta da Dio? – e insieme alle altre, che erano così focose e attente a voler far cogliere in fallo Isabetta, che non si erano neanche accorte di cosa avesse in testa la badessa, giunse all’uscio della cella, e, aiutata da tutte le altre, buttò giù la porta, ed entrate dentro trovarono i due amanti abbracciati, i quali, storditi dall’improvvisa irruzione, non sapendo che fare, restarono immobili.
La giovane fu immediatamente presa dalle altre monache e portata in capitolo[5] per ordine della badessa. L’amante invece era rimasto in cella, e rivestitosi, aspettava che la faccenda fosse terminata, deciso a farla pagare a tutte le monache che gli sarebbero capitate a tiro, se solo avessero osato far del male alla sua Isabetta, e con l’intenzione di portarla via con sé.
La badessa si mise a sedere in capitolo, in presenza di tutte le monache, le quali guardavano solo la colpevole, e cominciò a insultarla più di quanto una donna fosse mai stata insultata, come colei che sarebbe riuscita a contaminare la santità, l’onestà e la buona fama del monastero, se la voce si fosse sparsa in giro, con le sue azioni sconce e vergognose, e agli insulti aggiungeva anche le minacce.
La giovane, imbarazzata e timorosa, come chi è colpevole, non sapeva cosa rispondere, e tacendo, suscitava la compassione nelle altre monache. Poiché la badessa si dilungava nei suoi discorsi, accadde che la giovane alzò il viso e vide ciò che la badessa aveva sul capo, e i lacci che pendevano di qua e di là.
Al che, accorgendosi che si trattava di mutande da uomo, molto sollevata, disse:
– Madonna, vi prego, annodatevi la cuffia, e poi ditemi pure tutto quello che volete.
La badessa che non capiva disse:
– Quale cuffia, femmina svergognata? Ora hai anche la faccia tosta di scherzare? Ti sembra di aver fatto una cosa sulla quale si possono fare battute?
Allora la giovane disse un’altra volta:
– Madonna, io vi prego che voi vi annodiate la cuffia, e poi ditemi tutto ciò che preferite.
A quel punto molte monache alzarono lo sguardo verso la testa della badessa, mentre lei se la toccava con le mani, e si accorsero del perché Isabetta parlava in quel modo.
Al che la badessa, accorgendosi del suo sbaglio, evidente a tutte le monache, non potendo porvi rimedio, cambiò atteggiamento e fece un discorso diverso, arrivando a concludere che era impossibile sottrarsi agli stimoli della carne, perciò, con la dovuta discrezione, come si era sempre fatto fino a quel momento, ognuna era libera di divertirsi quando se ne presentava l’occasione.
Lasciò andare la giovane e tornò a dormire con il suo prete. Isabetta andò dal suo amante, e lo fece tornare molte volte a dispetto di quelle che erano invidiose. Le altre che erano senza amante, si adoperarono al meglio per procurarsi segretamente qualche avventura.
[1] salterio: un tipo di velo delle suore, che prende il nome da un tipico strumento musicale per la sua forma triangolare.
[2] mutande: nel testo originale, le brache sono delle mutande lunghe, che arrivano fin sotto le ginocchia, legate alla cintola e alle gambe con dei lacci.
[3] la donna: si riferisce a Francesca de’ Lazzari, protagonista della novella precedente.
[4] grata: locale per le visite, dove le monache e i visitatori erano separati da una grata di sbarre.
[5] capitolo: sala del monastero dedicato alle riunioni.