È la prima novella della prima giornata, raccontata da Panfilo
Musciatto Franzesi era un mercante fiorentino molto ricco, divenuto cavaliere in Francia grazie ai suoi traffici poco chiari con la corte del re. Un giorno, in seguito a un invito del Papa, dovette recarsi in Italia, e prima di partire affidò la cura dei suoi affari ad alcuni amministratori. Tuttavia era preoccupato per diversi crediti che vantava in Borgogna, in quanto gli abitanti della regione avevano la fama di individui disonesti e sleali . Per cui pensò di affidarne il recupero a qualcuno che fosse abbastanza subdolo e privo di scrupoli, e scelse per questo compito ser Cepparello da Prato, conosciuto da tutti con il soprannome di Ciappelletto.
Costui era un notaio estremamente disonesto, che falsificava i documenti legali, e spesso testimoniava il falso. Più volte aveva direttamente partecipato a omicidi e altri reati. Si divertiva inoltre a procurare malanimo e ostilità tra amici, parenti o estranei. Non andava mai in chiesa, anzi era un grandissimo bestemmiatore e scherniva i sacramenti con parole blasfeme. Frequentava taverne e luoghi malfamati, mangiava e beveva smodatamente e giocava d’azzardo con dadi truccati. Insomma era il peggior uomo mai nato sulla terra.
Ser Ciappelletto accettò l’incarico e dopo la partenza di Musciatto, si recò in Borgogna, dove venne ospitato in casa di due fratelli fiorentini che di mestiere facevano gli usurai.
Durante la permanenza si ammalò, e data la sua tarda età, la malattia divenne sempre più grave, finché i medici dissero che non vi era più speranza.
I due fratelli erano molto preoccupati, poiché in caso di morte, sapendo che ser Ciappelletto avrebbe rifiutato ogni sacramento, sicuramente sarebbe stato sepolto in terra sconsacrata, provocando un danno alla reputazione dei due fiorentini, che già non godevano di buona fama. D’altro canto non potevano mandare via di casa il povero Ser Ciappelletto, cosa che sarebbe stata molto mal vista da tutti.
Ser Ciappelletto per caso sentì i discorsi dei due fratelli, li chiamò e li rassicurò, promettendo che avrebbe risolto il problema, e chiese di far venire un santo frate per confessarsi. I due fratelli, con poca convinzione, si recarono presso il vicino convento e riuscirono a far venire in casa un frate molto venerabile, stimato da tutti i cittadini.
Il frate, durante la confessione, gli pose alcune domande e ogni volta ser Ciappelletto rispondeva con un tale candore da sembrare l’uomo più devoto e mansueto mai esistito. Il confessore si convinse di avere di fronte un sant’uomo, lo assolse da ogni peccato e gli promise di farlo seppellire nel monastero.
I due fratelli erano rimasti tutto il tempo dietro l’uscio ad origliare, divertiti dalle strepitose fandonie che ser Ciappelletto era riuscito a rifilare al confessore.
Pochi giorni dopo ser Ciappelletto morì e venne sepolto nel monastero. Durante la cerimonia funebre il frate fece un discorso così appassionato sulle virtù del defunto, che tutti i presenti si convinsero di essere di fronte a un santo. Dopo il discorso funebre, la folla sfilò ordinatamente davanti alla salma, baciando le mani e i piedi, e ognuno cercò di strappare un pezzettino di stoffa dei suoi vestiti.
Si decise di lasciarlo esposto l’intera giornata, affinché tutti potessero rendergli omaggio. Durante la notte, fu poi seppellito con tutti gli onori, dentro un’arca di marmo in una cappella del monastero.
La sua fama crebbe così tanto che la gente cominciò ad adorarlo, accendere i lumi e far voti, e divenne noto come San Ciappelletto.
Ancora oggi si dice che continui a miracolare chi si raccomanda a lui con devozione.