Chichibio, cuoco di Currado Gianfigliazzi, con una rapida risposta, trasforma la collera di Corrado in una risata, e sfugge alla punizione con cui quest'ultimo lo aveva minacciato.
Lauretta già taceva e la Nonna[1] era stata molto lodata da tutti, quando la regina ordinò a Neifile di continuare. Questa disse:
– Amorevoli signore, sebbene la prontezza d'animo fornisca spesso parole belle e utili a coloro che le pronunciano, secondo le circostanze, la fortuna, che talvolta aiuta i paurosi, pone improvvisamente sulla loro bocca parole che in normali condizioni non avrebbero saputo trovare, cosa che intendo dimostrarvi con la mia novella.
Currado Gianfigliazzi, come ciascuna di voi può aver udito e visto, è sempre stato un autorevole cittadino, generoso e di grande animo. Conducendo una vita cavalleresca, si è dilettato continuamente nella caccia con cani e uccelli, per non parlare ora delle sue attività più importanti.
Con un suo falcone aveva ucciso una gru nei pressi di Peretola, e vedendola grassa e giovane, la mandò al suo bravo cuoco, che si chiamava Chichibio ed era veneziano, dicendogli di arrostirla e prepararla al meglio per la cena.
Chichibio, il quale era un ciarlone così come appariva, preparò la gru, la mise sul fuoco e subito iniziò a cucinarla. Quando era quasi cotta ed emanava un buonissimo profumino, avvenne che una donnetta della contrada, che si chiamava Brunetta e della quale Chichibio era molto innamorato, entrò nella cucina, e vedendo la gru e sentendone il profumo, con affettuosa insistenza pregò Chichibio di dargli una coscia.
Chichibio le rispose cantando e disse: «Voi non l’avrete da me, donna Brunetta, voi non l’avrete da me».
Al che donna Brunetta contrariata gli disse: «Quant’è vero Iddio, se non me la dai, da me non avrai mai più alcun piacere». E subito ne seguì un battibecco, e alla fine Chichibio, per non amareggiare la sua donna, staccata una delle cosce alla gru, gliela diede.
Quando la gru senza una coscia fu portata davanti a Currado e alcuni suoi ospiti, Currado meravigliato, fece chiamare Chichibio e gli domandò che fine avesse fatto l’altra coscia. A cui il veneziano bugiardo rispose subito: «Signor mio, le gru hanno solo una coscia e una zampa».
Allora Currado irritato disse: «Come diavolo hanno solo una coscia e una zampa? Non ho forse mai visto altre gru oltre a questa?»
Chichibio seguitò: «È proprio così, messere, come io vi dico. E quando vi farà piacere ve lo mostrerò fra gli uccelli vivi».
Currado per rispetto degli ospiti che aveva, non volle dilungarsi nel discorso, ma disse: «Siccome hai detto che vuoi farmelo vedere fra gli uccelli vivi, cosa che non ho mai visto né sentito dire, lo voglio vedere domani mattina e sarò soddisfatto. Ma ti giuro sul corpo di Cristo che, se le cose saranno diverse, ti farò conciare in una maniera tale, da farti ricordare, tuo malgrado, il mio nome per il resto della tua vita.»
Chiuso il discorso per quella sera, la mattina seguente, appena fece giorno, Currado, a cui il sonno non aveva fatto sbollire la rabbia, si levò ancora tutto adirato e comandò che gli fossero portati i cavalli. Fatto montare Chichibio sopra un ronzino, lo portò verso uno stagno, sulla riva del quale, di prima mattina, di solito si potevano vedere delle gru.
Chichibio, vedendo Currado ancora furioso e dovendo giustificare la sua bugia, non sapendo come poterlo fare, cavalcava dietro Currado con la maggior paura del mondo, e se avesse potuto sarebbe volentieri fuggito, ma non potendo, guardava a volte davanti, a volte dietro e di lato, e gli sembrava di vedere dappertutto delle gru ritte su due zampe.
Ma appena arrivati vicini al fiume, vide prima di chiunque altro ben dodici gru sulla riva, le quali poggiavano su una sola zampa, così come fanno di solito quando dormono; per cui subito le mostrò a Currado e disse: «Potete vedere molto bene, messere, che ieri sera vi ho detto il vero, che le gru hanno una sola coscia e un zampa, se voi osservate quelle che stanno là»
Currado vedendole disse: «Aspetta tu, e ti farò vedere che ne hanno due», e avvicinatosi alquanto gridò: «Ho, ho!». A causa di quel grido, le gru, tirata fuori l’altra zampa, tutte quante dopo qualche passo cominciarono a fuggire. Perciò Currado rivolto a Chichibio disse: «Che te ne pare, imbroglione? Ti sembra che ne abbiano due?»
Chichibio quasi sbigottito, senza sapere neanche lui da dove gli venissero le parole, rispose: «Messer sì, ma voi ieri sera non avete gridato “ho, ho!”. Se aveste così gridato, la gru avrebbe tirato fuori l’altra coscia e l’altra zampa, così come hanno fatto queste».
A Currado questa risposta piacque così tanto, che tutta la sua ira si convertì in allegria e riso, e disse: «Chichibio, tu hai ragione: avrei fatto bene a farlo».
Così dunque, con la sua pronta e divertente risposta, Chichibio evitò la malasorte e si riappacificò con il suo signore.
[1] la Nonna: la protagonista della novella precedente.