Il treno ha fischiato è una novella di Luigi Pirandello che fa parte della raccolta Novelle per un anno, pubblicata nel 1914.

 

Riassunto

Un anonimo narratore racconta quanto sta succedendo al suo collega di lavoro Belluca, che è stato improvvisamente ricoverato all'ospedale psichiatrico. Gli altri colleghi di lavoro sono andati a fargli visita, e al ritorno dicono che il poveretto farnetica, e si divertono a ripetere alcuni termini scientifici che hanno sentito in ospedale, come encefalite, febbre cerebrale, frenesia, infiammazione della membrana.

Il narratore però conosce bene la situazione del povero Belluca e ritiene che il suo comportamento sia del tutto normale, considerando le particolari condizioni in cui è vissuto per tanti anni. Belluca è un uomo modesto, che fa il contabile, ligio al proprio dovere e che ha sempre lavorato come un asino che tira la carretta senza mai lamentarsi.

Quel giorno però è arrivato con mezz'ora di ritardo e un'aria allegra del tutto insolita, cosa che fra i colleghi ha destato lo stesso stupore del crollo di una montagna. Per tutta la giornata non combina niente e la sera, quando il capufficio controlla i registri e gli chiede spiegazioni, comincia a farneticare sul fatto che ha sentito il treno fischiare. Il capufficio perde la pazienza e comincia a maltrattarlo, ma questa volta Belluca reagisce con rabbia, cosa talmente incredibile, che fanno venire gli infermieri con la camicia di forza e lo portano in clinica. Qui continua a farneticare del treno, felice come un bambino, e parla di luoghi lontani, di cime innevate o di cetacei in fondo al mare.

Il narratore spiega ai colleghi che non è possibile capire il comportamento del Belluca se non si conosce la difficile situazione che ha vissuto per tanti anni. A casa sua vivono tre cieche, la moglie, la suocera e la sorella della suocera. Tutt’e tre vogliono essere servite e urlano dalla mattina alla sera perché nessuno si occupa di loro. Ci sono anche le due figlie vedove, raccolte in casa dopo la morte dei mariti, l'una con quattro, l’altra con tre figliuoli. Belluca con il suo piccolo stipendio non riesce a sfamare tutte quelle bocche, e allora porta a casa del lavoro: carte da ricopiare. La sera ricopia le carte in mezzo a un chiasso infernale, fra strilli indemoniati, inseguimenti furiosi e oggetti rovesciati, fino a quando non vanno tutti a dormire tutti e dodici a dormire nei tre letti disponibili. Lui continua a lavorare fino a tarda notte finché non crolla dal sonno. Allora va a buttarsi ancora vestito su un divano sgangherato e la mattina si sveglia più intontito che mai. In tutti questi anni Belluca è rimasto assorto nella miseria della sua esistenza, come una bestia bendata e legata alla stanga di un mulino, e si è letteralmente dimenticato che il mondo esiste.

Due sere prima non è riuscito ad addormentarsi subito e, nel silenzio profondo della notte ha sentito fischiare un treno. È come se il fischio di quel treno l'avesse sollevato da una tomba scoperchiata e all'improvviso si fosse trovato a volteggiare nell'aria, vedendo l'enormità del mondo che gli si è spalancato tutt'intorno. Pensa alle città in cui quel treno passa, Firenze, Bologna, Torino, città nelle quali è stato da giovane, in cui ha vissuto. E quella vita continua mentre lui non fa altro che far girare il mulino legato alla stanga. Ma ora quella vita è rientrata violentemente nel suo spirito, e la sua immaginazione si è risvegliata e viaggia verso città note e ignote, lande desolate, montagne, foreste, mari... Il primo giorno ha esagerato, si è ubriacato. Ma ora a poco alla volta potrà ricomporsi. Chiederà scusa al capufficio e riprenderà il suo lavoro di contabile. Ma il capufficio adesso non potrà avere più le stesse pretese. Fra un conteggio e l'altro, gli dovrà concedere una capatina in Siberia o in Congo.

 

 


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