Padre Cristoforo a casa di Agnese e Lucia.

Agnese racconta brevemente a padre Cristoforo il motivo della loro richiesta di aiuto. Il frate ascolta con indignazione e promette il suo sostegno. Poi si siede per riflettere sul da farsi ed esamina tutte le possibilità. Potrebbe insistere con Don Abbondio per obbligarlo a suoi doveri, ma sa che il sacerdote ha troppa paura e non riuscirebbe a convincerlo. Oppure potrebbe informare l’arcivescovo, ma ciò richiede tempo e in ogni caso, anche se Lucia si sposasse, quasi sicuramente don Rodrigo non si fermerebbe. Anche l’idea di coinvolgere i frati cappuccini viene scartata, poiché questi sono in buoni rapporti con don Rodrigo, e rischierebbe solo di peggiorare la situazione. Alla fine decide di affrontare il nobile di persona per farlo desistere dai suoi laidi propositi.

Nel frattempo arriva Renzo che si lamenta con il cappuccino di essere stato abbandonato dagli amici, che aveva inutilmente tentato di coalizzare contro don Rodrigo. Ma poi, vedendo il volto rabbuiato di padre Cristoforo, si rende conto di aver detto qualcosa di sconveniente. Il frate lo rimprovera severamente per la sua avventatezza, facendogli notare che mettersi contro qualcuno molto potente non farebbe altro che peggiorare la situazione. Esorta Renzo a non fare più nulla di sconsiderato e comunica a tutti i presenti la sua intenzione di recarsi al palazzo di don Rodrigo. Quindi ritorna al convento e dopo un pasto frugale riparte per dirigersi a casa del signorotto.

 

Padre Cristoforo nel palazzo di don Rodrigo

Il palazzo di don Rodrigo è situato in cima ad una collinetta, a poche miglia dal convento. Ai piedi dell’altura c’è un piccolo villaggio abitato da brutti ceffi. Attraverso qualche uscio aperto si intravedono delle armi appese ai muri e gli abitanti hanno un aspetto ostile, perfino i vecchi, le donne e i bambini.

Padre Cristoforo sale lungo una stradina fino all’edificio, che somiglia a una fortezza. Davanti al portone d’ingresso sono inchiodati due avvoltoi con le ali spalancate, e due bravi fanno la guardia. Uno dei bravi si alza e invita il frate a farsi avanti. Batte due colpi al portone e un vecchio servitore arriva per aprire. Rimane molto meravigliato dalla presenza del cappuccino, che però accoglie con gran riguardo e lo accompagna attraverso dei saloni semibui fino alla porta della sala da pranzo.

Dalla stanza esce un gran frastuono di stoviglie e voci che si accavallano, e il frate non vuole entrare, preferendo aspettare in un angolo della casa la fine del banchetto. Ma proprio in quel momento la porta si apre e compare il conte Attilio, che invita subito il cappuccino a entrare. Don Rodrigo sta pranzando con alcuni ospiti di riguardo: oltre suo cugino Attilio, vi sono il podestà, il dottor Azzecca-garbugli, e un paio di commensali dei quali non si riporta il nome. Il frate chiede un colloquio privato e don Rodrigo acconsente, ma prima lo invita a bere del vino. Inizialmente padre Cristoforo declina l’invito, ma poi, dietro le insistenze del padrone di casa accompagnate dalle risate sguaiate dei presenti, per non offenderlo ne accetta qualche piccolo sorso.

 

Le discussioni dei commensali

Attilio e il podestà stanno disputando su una questione: un nobile ha fatto bastonare un messaggero che gli aveva recapitato una sfida. Attilio sostiene che un nobile ha sempre il diritto di bastonare un plebeo, mentre il podestà afferma che, secondo il diritto romano e per consuetudine, un ambasciatore è una persona inviolabile. Don Rodrigo chiede il parere di padre Cristoforo, il quale prova a declinare l’invito, ma poi, incalzato dal nobile, risponde che a sua parere non dovrebbero esistere né duelli né bastonature. Ciò provoca dissenso da parte del conte Attilio e dell’avvocato Azzeca-garbugli, ma il cappuccino non se ne cura.

Don Rodrigo cambia argomento e la discussione verte sulla guerra per la successione al ducato di Mantova e delle manovre politiche di Spagna, Francia, Germania e Papato. Inizia una nuova disputa fra il conte Attilio e il podestà, ma il padrone di casa lancia un’occhiata a suo cugino, affinché taccia per evitare di irritare l’ospite. Il podestà, non trovando più alcuna resistenza, si avventura in un ridicolo e sconclusionato discorso, che denota anche una certa ignoranza. Si vanta di avere grandi competenze negli intrighi politici e di conoscere bene  il primo ministro spagnolo, il conte-duca Olivares, a suo parere un grandissimo stratega in grado di raggirare ogni altro politico.

Per mettere fine allo sproloquio del podestà, don Rodrigo fa portare altro vino e propone un brindisi. Si accenna alla carestia, e i presenti iniziano una nuova animata discussione durante la quale si alternano i complimenti per il vino con le accuse verso i presunti responsabili della carestia, cioè gli accaparratori di grano e i fornai che nascondono il pane.

Don Rodrigo ogni tanto guarda furtivamente l’unico presente che sta zitto: padre Cristoforo. Il cappuccino è calmo e composto, e aspetta senza dare segni d’impazienza. Il signorotto avrebbe fatto volentieri a meno di quel colloquio, ma siccome non può scansare la seccatura, decide di affrontarla subito. Chiede licenza ai commensali e conduce il frate in un’altra stanza.

 

 


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