I rivoltosi assaltano la casa del vicario
Il vicario di Provvisione si trova in casa, quando viene avvisato da alcuni cittadini che una folla inferocita si sta dirigendo verso la sua abitazione per linciarlo. Vengono sprangate le porte e le finestre, mentre il pover’uomo in preda al terrore si rifugia in soffitta, dove rimane rannicchiato nella speranza che i disordini cessino. Renzo è inorridito all’idea di spargere sangue e si unisce alla sommossa con il fine di far qualcosa per salvare il vicario dal linciaggio.
Nel frattempo arrivano sul posto arrivano alcuni soldati, che però si fermano ad una certa distanza esitanti sul da farsi.
Renzo sente un esagitato urlare di voler inchiodare il vicario ai battenti della porta. Preoccupato da affermazioni così brutali, si rivolge ai rivoltosi invocando a non compiere atti di violenza. Un uomo sente le sue parole e lo accusa di essere una spia del vicario, per cui la situazione si fa molto pericolosa per il giovane. Per fortuna si sente qualcuno gridare di fare spazio: sono alcuni uomini che avanzano con una lunga scala sulle spalle, con l’intento di entrare nella casa del vicario attraverso una finestra. Il giovane ne approfitta per allontanarsi e riesce a evitare rappresaglie nei suoi confronti per aver tentato di difendere il vicario.
L’arrivo del gran cancelliere Ferrer
A un certo punto si sparge la voce dell’arrivo del gran cancelliere Ferrer. Alcuni rivoltosi sono convinti che sia venuto per arrestare il vicario di Provvisione, e acclamano il suo arrivo, mentre altri vorrebbero farsi giustizia con le proprie mani.
A questo punto del racconto, Manzoni introduce una riflessione sui tumulti popolari. Osserva che nelle rivolte c’è sempre un certo numero di esagitati che, per fanatismo o perché eccitati dagli eventi, cercano sempre la via più violenta. Altri invece, mossi da una sincera contrarietà per la violenza, si adoperano per ottenere l’effetto contrario. Si creano due diverse fazioni contrapposte e ognuno tende a identificarsi con una delle controparti. Sono come banderuole al vento, prive di volontà propria, facilmente influenzabili da abili oratori capaci di spingerli a compiere atti che sono utili solo a chi li istiga .
Ferrer arriva senza scorta in mezzo alla folla e viene acclamato da molti come benefattore del popolo. Si diffonde anche la convinzione che sia venuto ad arrestare il vicario, e i suoi sostenitori di adoperano per lasciar passare la carrozza. A poco alla volta la fazione favorevole a Ferrer prevale e riesce ad allontanare in malo modo quelli più esagitati che ancora tentano di abbattere la porta.
Renzo ricorda di aver visto la firma di Ferrer sotto le grida che gli erano state mostrate dall’avvocato Azzecca-garbugli, e si convince che il cancelliere sia un galantuomo venuto ad arrestare il vicario. Il giovane decide quindi di aiutare il cancelliere e si impegna con urti e spintoni per facilitare il passaggio della carrozza.
Ferrer avanza lentamente, saluta la folla con benevolenza, manda baci ai rivoltosi e cerca di calmarli, pronunciando parole come “pane” e “giustizia”. In realtà il suo intento è quello di salvare il povero vicario da quella banda di forsennati.
Il cancelliere salva il vicario
Renzo partecipa con grande determinazione nel tenere a bada la folla e si ritrova in prima fila quando il cancelliere raggiunge l’uscio della casa del vicario. Qui Ferrer scende dalla carrozza, fa un inchino verso la folla, promettendo pane e giustizia, e sguscia fra i battenti semiaperti, come una serpe in un buco, facendo molta attenzione a non strapparsi la toga.
Poco dopo esce insieme al vicario che resta rannicchiato dietro la toga del cancelliere come un bambino dietro la sottana della madre. Si infilano nella carrozza, mentre la folla applaude il cancelliere e impreca contro il vicario. Ferrer raccomanda al vicario di stare ben nascosto sul fondo della carrozza, mentre lui ogni tanto si affaccia promettendo giustizia ai rivoltosi. Però poi rivolgendosi al vicario, gli spiega in spagnolo, che quelle parole servono solo per calmare le acque e portarlo via sano e salvo. Alla fine la carrozza riesce ad allontanarsi dal tumulto e si dirige verso il Castello Sforzesco.
Cessato il pericolo, il vicario si prodiga in mille ringraziamenti verso il suo salvatore, e manifesta il suo intento di dimettersi e ritirarsi in una grotta o sulla cima di una montagna, il più lontano possibile dai milanesi. Ma il cancelliere risponde con un tono grave che dovrà limitarsi a fare ciò che è più utile per il re. In realtà Ferrer è molto preoccupato per la reazione dei suoi superiori, quando verranno a sapere del disastro provocato dalla rivolta.