I rivoltosi si disperdono

Il vicario di provvisione è stato portato via sulla carrozza del cancelliere Ferrer.  Il sole è ormai al tramonto e i popolani in rivolta, stanchi per gli avvenimenti della giornata, iniziano a tornare alle loro case. Alcuni sono contenti di come sono andate le cose. Altri, per niente soddisfatti, rimangono davanti alla casa del vicario in attesa che succeda qualcosa.

Anche Renzo sente il bisogno di sfamarsi e riposarsi. Ormai è tardi per ritornare al convento in cerca di padre Bonaventura, e quindi decide di cercare un’osteria dove cenare e alloggiare per la notte. Ad un certo punto si imbatte in un gruppetto di popolani, intenti a discutere degli avvenimenti della giornata. Ancora eccitato per le emozioni, Renzo decide di esprimere la sua opinione.

 

Renzo arringa la folla

Inizia il discorso dicendo che il popolo non dovrebbe limitarsi a protestare solo per il caro pane, ma anche per i soprusi di alcuni signori prepotenti, che possono infrangere la legge senza pagarne le conseguenze, poiché i potenti si proteggono l’un l’altro. Il giovane afferma che il re e gli uomini di governo vorrebbero che i malvagi fossero puniti. Ritiene che il cancelliere Ferrer è sicuramente un galantuomo e propone di recarsi il giorno dopo tutti a casa sua per fargli sapere come stanno le cose. Così Ferrer potrà comandare ai giudici e ai podestà di applicare la legge e punire i prepotenti, con l’aiuto del popolo che sarà pronto a intervenire come accaduto in questa giornata.

Molti applaudono e si complimentano con Renzo, mentre altri lamentano che, se ogni montanaro vuole dire la sua, alla fine si volgerà in peggio per i poveri.

 

Il poliziotto conduce Renzo all'osteria

Renzo, terminato il suo discorso, chiede dove può trovare un’osteria. Un uomo si fa avanti e si offre di accompagnarlo da un locandiere di sua conoscenza.

Renzo accetta l’invito e, dopo aver stretto molte mani, si mette in cammino con l’estraneo, che in realtà è un poliziotto travestito. Alla prima osteria che trova, il giovane, molto stanco e affamato, decide di fermarsi. Il suo accompagnatore tenta di dissuaderlo, ma Renzo non vuole sentire ragioni, ed entra nell’osteria seguito dal poliziotto che non intende lasciarlo.

L’oste riconosce il poliziotto e impreca tra sé per il fatto che se lo ritrova continuamente fra i piedi. Si avvicina al tavolo e Renzo ordina dello stufato e del vino. L’oste dice di non poter servirgli il pane, ma Renzo tira fuori dalla bisaccia il pane trovato lungo la strada, dicendo che al pane ci ha pensato la provvidenza.

Quando l’oste viene a sapere dal poliziotto che Renzo intende alloggiare in osteria per la notte, prende carta e penna e chiede al giovane i suoi dati, così come previsto dalla legge.

 

Lo sproloquio di Renzo

Renzo rifiuta di dire il suo nome e l’oste gli mostra un esemplare del regolamento. Il giovane, che ha già bevuto tre bicchieri di vino, e comincia ad avere la mente annebbiata, si prende gioco dei regolamenti, aggiungendo che quei regolamenti non possono di certo aiutarlo ad avere giustizia per i soprusi che ha dovuto subire, a causa di un prepotente che ha mandato a monte il suo matrimonio.

I suoi discorsi attirano l’attenzione degli avventori, che ridono e lo applaudono. L’oste non sa che fare e guarda il poliziotto che gli fa cenno di lasciar perdere.

Renzo continua a bere vino e inizia uno sproloquio sulle abitudini dei potenti di usare la parola scritta e il latino solo per approfittarsi dei poveri contadini che a malapena capiscono il volgare.

Il poliziotto allora tenta di estorcere il nome del giovane con un espediente: dice che ognuno dovrebbe avere un biglietto con scritto il proprio nome, la professione e quante bocche deve sfamare. In questo modo ognuno può ricevere una quantità di pane a un prezzo adeguato alle sue esigenze. Renzo cade nel tranello e dice il suo nome e cognome.

Il poliziotto quindi, raggiunto il suo scopo, si alza dicendo che deve rientrare. Renzo tenta di trattenerlo, ma lui si libera con uno strattone ed esce dall’osteria.

Il giovane, sempre più ubriaco, continua a vaneggiare confusamente fino a diventare lo zimbello degli avventori.

 

 


ARTICOLI CORRELATI: