L’Innominato fa liberare Lucia

L’Innominato bussa alla porta della stanza dove è tenuta prigioniera Lucia. Fa uscire la vecchia e fa entrare subito la moglie del sarto e don Abbondio. La giovane, dopo un primo momento di agitazione e smarrimento, nel vedere il viso noto di don Abbondio e grazie alle gentili premure della donna, riesce a tranquillizzarsi, e si convince che la Maddonna abbia ascoltato e esaudito le sue preghiere.

Poi entra nella stanza l’Innominato, e Lucia viene nuovamente colta da paura. Il tiranno abbassa gli occhi e chiede umilmente perdono, mentre la donna e don Abbondio rassicurano la fanciulla che l’uomo è sinceramente pentito e non deve più avere paura di lui. Lucia guarda l’Innominato, e sembrandogli sinceramente addolorato, lo perdona e gli augura la benevolenza di Dio. La giovane viene poi accompagnata fino alla lettiga, dove viene fatta salire in compagnia della moglie del sarto, mentre l’Innominato e il curato salgono sulle mule e la comitiva riprende la strada per il paese. Durante il viaggio la donna conforta Lucia e le promette che molto presto potrà riabbraciare sua madre. Racconta della conversione del tiranno e quando la ragazza viene a sapere dell’identità del suo rapitore, rimane inorridita per le tante storie udite sul suo conto.

Lungo il tragitto don Abbondio è di nuovo immerso nei suoi cupi pensieri e nelle sue paure. È terrorizzato dal cavalcare una mula sull’orlo del precipizio, ha paura che i bravi possano ucciderlo perché lo considerano responsabile della conversione del loro padrone e teme possibili rappresaglie di don Rodrigo quando apprenderà le notizie. È sicuro che il cardinale non potrà proteggerlo perché avrà cose più importanti da fare e osserva che i santi riescono a far del bene solo in maniera superficiale, mentre i malvagi il male lo fanno in maniera scrupolosa e tenendo conto di tutti i particolari[1].

 

Lucia è ospitata a casa del sarto

Arrivati al paese don Abbondio decide di ripartire subito per tornare a casa, raccontare il tutto a Perpetua, che con le chiacchiere sarebbe riuscita a convincere tutti della sua estraneità ai fatti.

Lucia viene condotta a casa della donna che inizia subito a preparare da mangiare, e attizza il fuoco sotto una pentola dove viene cucinato un cappone.Nel frattempo Lucia si aggiusta la veste, e gli capita fra le mani il rosario, che le fa ricordare della promessa fatta la sera precedente. Inizialmente se ne pente, ma poi ripensa alla situazione che l’hanno portata a quella promessa, e rinnova il suo voto di castità. Ad un tratto si sentono delle voci, ed entra in casa il sarto e i suoi tre figlioli, di ritorno dalla chiesa dove ha ascoltato la predica del cardinale. L’uomo è al corrente delle disavventure della giovane e del pentimento del tiranno, per cui accoglie molto cordialmente Lucia, rallegrandosi con lei per essere stata all’origine della miracolosa conversione. Infine si siedono tutti a tavola e durante il pranzo il sarto racconta con commozione della predica del cardinale e della sua grande umiltà.

Nel frattempo Agnese è in cammino verso il paese dove si trova sua figlia, e lungo il viaggio incontra don Abbondio, che per prima cosa la rassicura sulle condizioni di Lucia. Poi, spinto dalle sue solite paure, raccomanda alla donna di non accennare al mancato matrimonio, ma Agnese ha fretta di raggiungere sua figlia e lo pianta in asso nel bel mezzo del discorso. Finalmente riesce a raggiungere la casa del sarto e a riabbracciare sua figlia, che le racconta quanto accaduto senza però dire nulla del suo voto di castità.

 

Il cardinale va a trovare Lucia

Nel frattempo il cardinale Borromeo, dopo aver lasciato la chiesa, si intrattiene a pranzo con l’Innominato e alcuni sacerdoti, sbalorditi dalla conversione del tiranno. Dopo un lungo colloquio l’Innominato di congeda e ritorna al suo castello, mentre il cardinale chiede al parroco del paese di essere accompagnato da Lucia, a casa del sarto.

Quando Federigo raggiunge la casa e incontra Lucia, le rivolge parole di comprensione e di consolazione, rallegrandosi per la buona sorte dovuta alla Provvidenza. Agnese si lamenta di comportamento di don Abbondio nel rimandare il matrimonio dei due giovani, ma evita di fare menzione del matrimonio a sorpresa che aveva ordito e poi finito male. Lucia però invece sente il bisogno di riferire al cardinale del matrimonio a sorpresa, e si sente mortificata per aver partecipato a questo inganno, ma il religioso la consola dicendo che è ben poca cosa rispetto a quello che ha dovuto patire.

Alla fine il cardinale promette di interessarsi al caso di Renzo e ringrazia di persona i padroni di casa per la loro generosità. Quando Borromeo lascia la casa, chiede al parroco in che modo potrebbe ricompensare il sarto e sua moglie per la loro disponibilità. Il parroco dice che il sarto è un uomo che non accetterebbe mai una ricompensa, ma vanta molti soldi da persone che non riescono più a pagare i loro debiti, e Federigo allora dichiara di essere ben disposto a ripianare i conti.

Nel frattempo l’Innominato è tornato al castello, chiama i bravi e i servi, e annuncia loro la sua conversione, invitando ad abbandonare ogni azione malvagia e detta le nuove condizioni per chi vuole continuare a lavorare per lui, e dando loro tempo fino al giorno dopo per decidere[2]. Infine raggiunge la sua stanza, dice le preghiere e poco dopo prende sonno.

 

 

Alcuni estratti significativi del capitolo 24 

 

[1] Cosa farà ora sua signoria illustrissima per difendermi, dopo avermi messo in ballo? Mi può star mallevadore lui che quel dannato non mi faccia un’azione peggio della prima? E poi, ha tanti affari per la testa! mette mano a tante cose! Come si può badare a tutto? Lascian poi alle volte le cose più imbrogliate di prima. Quelli che fanno il bene, lo fanno all'ingrosso: quand'hanno provata quella soddisfazione, n'hanno abbastanza, e non si voglion seccare a star dietro a tutte le conseguenze; ma coloro che hanno quel gusto di fare il male, ci mettono più diligenza, ci stanno dietro fino alla fine, non prendon mai requie, perchè hanno quel canchero che li rode.

 

[2] L’innominato alzò la mano, come per mantener quel silenzio improvviso; alzò la testa, che passava tutte quelle della brigata, e disse: «ascoltate tutti, e nessuno parli, se non è interrogato. Figliuoli! la strada per la quale siamo andati finora, conduce nel fondo dell’inferno. Non è un rimprovero ch’io voglia farvi, io che sono avanti a tutti, il peggiore di tutti; ma sentite ciò che v’ho da dire. Dio misericordioso m’ha chiamato a mutar vita; e io la muterò, l’ho già mutata: così faccia con tutti voi. Sappiate dunque, e tenete per fermo che son risoluto di prima morire che far più nulla contro la sua santa legge. Levo a ognun di voi gli ordini scellerati che avete da me; voi m’intendete; anzi vi comando di non far nulla di ciò che v’era comandato. E tenete per fermo ugualmente, che nessuno, da qui avanti, potrà far del male con la mia protezione, al mio servizio. Chi vuol restare a questi patti, sarà per me come un figliuolo: e mi troverei contento alla fine di quel giorno, in cui non avessi mangiato per satollar l’ultimo di voi, con l’ultimo pane che mi rimanesse in casa. Chi non vuole, gli sarà dato quello che gli è dovuto di salario, e un regalo di più: potrà andarsene; ma non metta più piede qui: quando non fosse per mutar vita; che per questo sarà sempre ricevuto a braccia aperte. Pensateci questa notte: domattina vi chiamerò, a uno a uno, a darmi la risposta; e allora vi darò nuovi ordini. Per ora, ritiratevi, ognuno al suo posto. E Dio che ha usato con me tanta misericordia, vi mandi il buon pensiero.»

 

 


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