Le mura di Anagoor è un racconto scritto da Dino Buzzati, che fa parte della raccolta Sessanta racconti, pubblicato nel marzo del 1958

 

Riassunto de Le mura di Anagoor

Nel deserto del Tibesti (Sahara centrale, in Ciad) una guida chiede al protagonista se vuole visitare la città di Anagoor. Di questa città non vi è traccia nelle carte geografiche e neanche nelle guide turistiche. La guida dice che il governo finge di ignorarla. È una città che vive per conto suo,  molto ricca, senza alcun commercio esterno. La città è chiusa nelle sue solide mura e nessuno può entrarvi, neanche il ministro del re. Di tanto in tanto le porte si aprono e qualcuno può entrare, ma non esce mai nessuno.

Due ore prima dell’alba, l’uomo e la sua guida partono in macchina e attraversano il deserto caldo e soleggiato.

Quando raggiungono la città, l’uomo scorge le mura che si estendono per chilometri, alte dai venti ai trenta metri, interrotte ogni tanto da torrette. Ai piedi delle mura ci sono degli accampamenti fatti di tende di ogni genere, miserabili, medie, ricche, e una folla concitata di beduini, mendicanti, monaci, guerrieri armati e perfino un principe con la sua corte.

La guida spiega che sono degli uomini che sperano di entrare in città, e bivaccano dinanzi alle porte. Vi sono centinaia di porte, ma sono molto distanti tra loro, dato l’enorme perimetro delle mura.

L’uomo viene assalito da molti dubbi, e sospetta che la città sia disabitata, ma la guida cerca di convincerlo del contrario: in alcune serate si possono osservare dei fumi che salgono in alto, segno che vi è gente in città che accende i fuochi, e inoltre sa per certo che almeno una volta la porta è stata aperta. Ma non sa esattamente quando, forse un mese prima o forse anche tre secoli prima.

Improvvisamente appaiono alcuni anelli di fumo che mettono in agitazione tutto l’accampamento. L’evento non convince per niente il protagonista che pensa a un incendio spontanee di qualche arbusto o all’attività di qualche predone.

La guida però insiste e gli racconta che almeno un uomo, un viandante forse ignaro del mistero di quella città, aveva bussato a un porta, ed era stato fatto entrare. Il protagonista decide di aspettare anche lui nella speranza che la porta si apra. Gli altri pellegrini, nel vedere i suoi preparativi per la partenza, scuotono il capo, gli rimproverano di non avere pazienza e di pretendere troppo dalla vita.

 

 


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